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IL COGNOME NIZZERO: significato

QUANDO  UNA ETIMOLOGIA ERRATA FA SOFFRIRE  – 20 febbraio 2015

Giorni fa, mi è capitato di far felice una persona che si vergognava del proprio cognome, Nizzero, poiché nel corso di una conferenza, la relatrice l’aveva umiliata annunciando pubblicamente il (falso) significato del suo cognome.

Ricordo quella conferenza: tenutasi qualche anno fa a Novale, in essa una insegnante parlava del significato dei cognomi cosidetti cimbri, e ricordo ancora con disgusto che alla fine, elargendo dotte (o presunte tali) risposte ai presenti che chiedevano lumi sui loro cognomi, la stessa relatrice fece una cosa che io non avrei mai fatto, perché preferirei passare per ignorante piuttosto che umiliare pubblicamente delle persone.

Quella relatrice infatti, disse che, derivando dal tedesco nisse (lendine), il cognome Nizzero significherebbe pidocchioso (detto così senza riguardo); e qui, oltre che sparare una porcata indicibile, quell’insegnante prese una madornale cantonata poiché, in realtà, il cognome Nizzero significa ben altro e non è assolutamente umiliante né offensivo.

Ma andiamo con ordine chiarendo innanzitutto, che non è corretto definire cimbri determinati cognomi di origine germanica presenti sui monti della Lessinia: infatti, la definizione di Cimbri fu inventata da un letterato veronese del Rinascimento, il quale cercava di spiegare il tedesco parlato nelle nostre contrade immaginando che i Montanari della Lessinia (in realtà originari dalla Baviera in seguito ad una grave carestia che aveva colpito quella regione) discendessero dai Superstiti dei famosi Cimbri (originari dalla Germania settentrionale) sfuggiti al massacro operato a loro danno, insieme coi Teutoni (altra popolazione nord-germanica), dal console romano Gaio Mario.

L’equivoco, che trasse in errore il letterato veronese, fu dovuto al troppo disinvolto ricorso agli accostamenti fonetici di parole apparentemente simili ma appartenenti a lingue diverse (pratica che induce spesso in grossolani errori anche i professionisti del linguaggio) e molto probabilmente fu dovuto al mestiere esercitato dai nostri Montanari nei centri di pianura: essi, infatti, erano degli esperti carpentieri, cioè degli Zimmermann, operanti nell’edilizia in legno ancora largamente praticata nei secoli passati; e da Zimmer a Cimbro il passo è stato breve ed è subito piaciuto, e piace tutt’ora alla gente delle nostre valli, che così immagina con orgoglio che la sua Storia sia antica di ben duemila anni.

Evidentemente, quella maldestra conferenziera ha frainteso la casuale somiglianza di qualche parola tedesca col cognome in oggetto, riguardo al quale, per non cadere in facili errori, bisogna invece ricordare che, nell’evoluzione delle lingue, difficilmente la s diventa z, mentre tale trasformazione avviene più facilmente dalla t, come nel caso di Venetia Venezia; inoltre, è bene ricordare che in tedesco si legge i anche il dittongo ie, e questo fatto allarga alquanto l’area della ricerca a cui ci accingiamo.

Dunque, come abbiamo detto all’inizio, escludiamo subito per il cognome in oggetto la deri

vazione dal tedesco nisse, perché il termine pidocchioso in tedesco si dice Nissig, la cui desinenza esprime una situazione, non un’attività, e ciò al contrario di quanto avviene per Nizzero, la cui desinenza tedesca er esprime invece il concetto di attività, proprio come avviene, ad esempio, con Bauer (agricoltore), Gruber (minatore), Maurer (muratore), Mechaniker (meccanico), Schlosser (fabbro ferraio), Tischler (falegname) e così via.

Inoltre, dal momento che Nizzero esprime un concetto di attività e dato che l’attività prevalente dei Lavoratori della Lessinia in pianura era la carpenteria (indispensabile nell’edilizia in legno) è nell’ambito di tale attività che indirizziamo la nostra ricerca… e siamo fortunati, perché troviamo subito la parola Nieter (pronuncia niter), che il Dizionario Tecnico Tedesco Italiano (di E. Pavesi, ed. Sonzogno) traduce con chiodatore, e troviamo il verbo nieten (pron. niten, che significa chiodare, rivettare) e il sostantivo Niet (pron. nit, che indica il chiodo da ribattere).

Dunque, poiché l’attività del Chiodatore (Nieter) era quella di chiodare, è evidente che egli aveva a che fare con le costruzioni in legno, tuttavia, i chiodi che egli usava fanno pensare che la sua fosse un’attività particolare, poiché il Niet non era un chiodo comune ma, come sappiamo, era un chiodo da ribattere.

Ora, capisco che i linguisti non conoscano a fondo l’attività dei carpentieri né, tantomeno, che conoscano l’uso dei lunghi e grossi chiodi a sezione quadrata, anticamente forgiati a mano, che si assottigliano progressivamente fino a diventare finemente appuntiti, i quali in lingua veneta sono detti ciòdi da rapàro o ciòdi da péxo, ma sono appunto tali chiodi che svelano il significato del cognome Nizzero.

Gli esemplari più grandi di questo tipo di chiodi venivano usati per fissare tra loro i grossi elementi delle orditure in legno che costituivano l’ossatura delle case, dei solai e dei tetti, ma avevano un difetto: con la stagionatura del legno e con gli assestamenti delle strutture, il progressivo assottigliamento della loro sezione poteva col tempo provocare un certo sfilamento dalla loro sede, così da rendere lasche le giunture: ebbene, per ovviare a tale grave inconveniente, i nostri Costruttori usavano chiodi più lunghi dello spessore dei legni da unire e ribattevano poi le loro punte sporgenti per evitarne lo sfilamento; ripetendo poi eventualmente l’operazione per rinsaldare il fissaggio delle travature qualora diventasse lasco nel tempo, in seguito ad una ulteriore stagionatura del legno.

Date le dimensioni degli elementi lignei da unire e date perciò le cospicue dimensioni dei chiodi, per la loro ribattitura era necessaria l’opera di due persone: di queste, una premeva una mazza sulla testa del chiodo per tegnére bòta (come si dice ancora oggi in lingua veneta) mentre l’altra, armata di mazzetta, piegava e poi ribatteva energicamente la punta dello stesso chiodo sporgente sull’altro lato dell’incastro.

Pur se condotta nell’ambito della carpenteria, tale particolare attività si distingueva nettamente da quella del carpentiere vero e proprio: il compito di quest’ultimo era infatti quello di lavorare il legno preparando i vari elementi dell’or-ditura, cosicché la delicata attività dei Ribattitori di chiodi doveva avere una denominazione propria, denominazione espressa appunto dal sostantivo Nieter, da cui il cognome Nizzero.

Dunque, questo cognome non esprime l’umiliante concetto di pidocchioso (come affermato dalla maldestra relatrice) ma indica l’antico mestiere del Chiodatore, colui che nell’antichità aveva il delicato compito di assicurare la perfetta e duratura tenuta delle giunture degli elementi lignei che costituivano l’orditura portante delle case!

Stiano sereni, dunque, i portatori del cognome Nizzero, poiché esso racconta una storia di impegno e di responsabilità non seconda, per dignità, a nessun’altra attività ricordata dai cosidetti cognomi cimbri presenti nelle nostre contrade.

IPERBOREI ULTIMO MITO

Un popolo misterioso sta uscendo dalle nebbie della leggenda
Sugli Iperborei s

ono state pubblicate numerose ipotesi, tutte però formulate su quanto dicevano gli Autori classici sulla base delle nebulose leggende emerse dal poco che si era salvato dallo sfacelo culturale dei Secoli Bui, periodo compreso tra la fine dell’Età del Bronzo, nel quale si erano formati i racconti favolosi dai quali prese origine la Teogonia greca, e i primi secoli dell’Età Classica, periodo caratterizzato dalla splendida opera di Autori razionali, i quali tuttavia erano sovente tanto scettici da mettere in dubbio persino le basi dell’antica religiosità del Popolo Greco.

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LA SITULA DELL’ALPAGO

Storia e significato di uno straordinario oggetto di età venetica

Fin dall’inizio (la situla è stata rinvenuta nel 2002) il ritrovamento di questo straordinario recipiente in lamina bronzea decorata a sbalzo di età venetica ha provocato qualche clamoroso fraintendimento, e questo non solo riguardo all’interpretazione della particolarissima sequenza delle scene sbalzate sulla sua parete, ma anche sulle circostanze e le modalità del suo rinvenimento e persino sul nome della località in cui il prezioso reperto è venuto alla luce.

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POPOLI VENETI IN EUROPA – Le loro origini e la Storia

L’origine dei Popoli Veneti sparsi per l’Europa è del tutto ignorata dagli Studiosi che hanno pubblicato e tuttora pubblicano i loro studi sugli antichi Veneti;  dunque era necessario colmare la grave lacuna correggendo, con l’occasione, le fuorvianti informazioni legate alla tradizione greco-romana.
Il presente studio deriva da una serie di miei articoli sull’origine degli antichi Popoli Veneti presenti storicamente sul Continente europeo: pubblicati sul BOLLETTINO FAAV (l’organo ufficiale della Federazione delle Associazione di Archeologia del Veneto), essi costituirono poi la base per il mio contributo al IX Convegno delle stesse Associazioni Archeologiche Venete tenutosi a Villadose (RO) il 2 e 3 settembre 2006.

 

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LA MODA OSE’ E LE SUE IMPLICAZIONI

Da una discussione con varie signore è emerso che nessuna di esse aveva mai fatto caso al fatto che il comportamento femminile, specialmente nella età adolescenziale, pur con modalità diverse, si rifà ai comportamenti che favoriscono la riproduzione delle spece in ambito vegetale ed animale.

 


Pur se fissati nel freddo pallore di una statua rinascimentale esposta al Museo fiorentino del Barge

llo, i morbidi lineamenti di questa immagine di adolescente confermano la mia convinzione sul fatto, che un corpo femminile ben proporzionato costituisca la più meravigliosa opera d’arte della Natura, tanto che talvolta, alla vista di una bella ragazza, mi viene spontaneo rendere lode a Dio per lo splendore con cui ha voluto abbellire il Creato(1).

Ma come viene gestita tanta bellezza dalle dirette interessate?

A giudicare dalla sempre maggiore spregiudicatezza della moda, a cui spece le adolescenti sembrano adeguarsi spensierate, l’impressione non può che essere negativa o, quanto meno, preoccupata per la loro fragile esistenza minacciata dai facili fraintendimenti che certi atteggiamenti alimentano.

Per capirci meglio, pensiamo ai bellissimi fiori, a cui spesso la letteratura accosta l’immagine di una fanciulla: pur costituendo l’organo preposto alla riproduzione della pianta a cui appartiene, ciascuno di quei fiori non ha volontà propria, cosicché non può esprimere preferenze su chi dovrebbe fruire del suo nettare, tanto che sono numerose le spece di insetti che, attratte dal suo profumo, di quello stesso fiore approfittano per la sua generosa disponibilità(2).

Qualcosa di simile avviene anche fra gli animali per garantire la continuazione della loro spece: quando infatti sono in calore, le femmine di quegli animali emanano un particolare forte odore che, diffondendosi anche a grande distanza, eccita la sessualità maschile segnalando la loro disponibilità all’accoppiamento.

Da parte loro, i maschi rispondono prontamente all’invito e, lottando ferocemente fra di loro per assicurarsi il diritto esclusivo all’accoppiamento, si uniscono alle femmine spesso in modo brutale (vedi foto a lato), senza dare loro la possibilità di scegliersi il compagno ideale(3) per poi, presi da altre prospettive di conquista, abbandonarle e condannarle a gestire da sole la maternità.

Se ciò è quanto avviene in genere tra gli erbivori, fra i carnivori le cose vanno anche peggio poiché, dopo il parto, le femmine debbono addirittura sobbarcarsi la pericolosa incombenza di difendere i cuccioli dalla ferocia degli altri maschi, i quali sono spietatamente desiderosi di liberarle dagli impegni materni per renderle nuovamente disponibili.

Nel genere umano le cose non vanno molto meglio: non potendo rispondere con l’emanazione di particolari odori inebrianti per soddisfare i naturali appetiti sessuali tipici dell’adolescenza, sempre più spesso le donne, in particolare le ragazze, si lasciano influenzare dalla moda che, alla perenne ricerca di novità per incrementare i propri affari, propone tipi di abbigliamento sempre più spinti (osé è il termine corrente), i quali inducono le povere sprovvedute ad ostentare porzioni del loro corpo sempre più estese ed intime.

Dunque, rapportata a quanto avviene negli altri regni della Natura, quella ostentazione corrisponde ai segnali emessi dalle femmine degli animali per comunicare la loro disponibilità all’accoppiamento!

Ma le nostre ragazze sono coscienti di tale corrispondenza? In altre parole, le adolescenti così attente ai dettami della moda si rendono conto dei fraintendimenti a cui potrebbero dare luogo le loro esibizioni?

Sicuramente, nella stragrande maggioranza di esse, le fanciulle non cercano l’incontro casuale, che consenta loro di sperimentare fugacemente le gioie del sesso, ma sognano romanticamente di trovare, grazie alle loro generose esibizioni, il compagno ideale col quale trascorrere poi felicemente il resto della loro esistenza(4).

Ma come vedono la cosa i tanti maschi, giovani e meno giovani, che sono alla ricerca non di gravosi impegni per la vita, ma bramano soltanto di dare libero sfogo alle impellenti pulsioni della Natura?

Non passa settimana ormai, senza che giunga notizia di violenze su donne, spesso giovanissime, che non si rendevano conto dei guai a cui si esponevano a causa dei fraintendimenti generati dal loro disinibito comportamento(5). Se fossero state coscienti dei meccanismi con cui la Natura favorisce la continuazione delle specie, forse avrebbero saputo gestire con maggiore razionalità ed oculatezza la loro immagine.

Dunque, quale potrebbe essere la soluzione a tanti inconvenienti? Non certo l’adozione, da parte delle donne, dei castigatissimi costumi islamici ma, oltre ad una doverosa e profonda revisione delle regole di comportamento da parte dei maschi e delle loro opinioni sul genere femminile(6), la soluzione potrebbe venire dalla corretta informazione sul reale significato dei segnali che le ragazze (ma ormai anche le sempre più numerose donne adulte) diffondono nell’ambiente a mezzo del loro comportamento(7).

Infine, non farebbe male la ferma risoluzione, da parte delle stesse donne, di riservare le loro grazie soltanto alla persona giusta, quella con cui godere dei doni della Natura solo nell’intimità di una sana e duratura relazione di coppia, specialmente se detta relazione nasce con la benedizione dell’Autore delle meraviglie della Natura(8).

Quanto tutto ciò sia vero, posso testimoniarlo di persona. Infatti, fu molti anni fa che potei notare per la prima volta la donna che sarebbe diventata la mia sposa: si era d’inverno e per il freddo intenso lei indossava un lungo cappotto color cammello tutto abbottonato(9), cosicché della sua persona si notava solo il capo, ornato da una capigliatura fluente raccolta sul retro, ed il suo portamento…

Davvero non era molto, ma tuttavia fu sufficente a conquistarmi, tanto che oggi, a distanza di tutti gli anni trascorsi, io sono ancora felicemente innamorato della mia sposa!

 

Gianni Bassi – settembre 2019

 

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NB:  Le immagini sono tratte dai siti Internet sul Museo del Bargello, sulla sessualità dei felini e sulla moda osé.


[1] Se c’è una cosa che mi dà veramente fastidio, è l’espressione che, alla vista di una bella ragazza, si legge su certe facce che lasciano trasparire chiaramente i turpi pensieri che ne popolano la mente.

[2]In realtà, ci sono addirittura degli uccellini, i colibrì, che approfittano di quella disponibilità, tuttavia, esistono anche dei fiori, la cui particolare conformazione consente l’impollinazione soltanto a determinate spece di insetti e solo a quelle, ma anche in tal caso quei fiori non possono scegliere l’individuo che più aggrada loro.

[3]Ovviamente, gli animali non badano all’aspetto più o meno gradevole degli individui ma pensano solo a soddisfare gli appetiti indotti dalla Natura.

[4]In genere, le donne adottano la moda più per piacere a sè stesse che agli altri, senza pensare però, che i dettami della moda sono il frutto di elaborati studi (finalizzati al profitto) sulla psicologia femminile, la quale è profondamente condizionata dagli istinti dettati dalla Natura per garantire la continuazione della spece.

[5] Avviene sovente che le vittime di quelle violenze dicano poi, che esse non sapevano e non volevano, ed è appunto il loro disperato diniego che eccita la violenza di taluni depravati. Questi, infatti, lusingati dall’apparente disponibilità delle donne, vedendo poi rifiutati i loro approcci si sentono presi in giro e diventano cattivi.

[6] Va detto che in genere i maschi, spece se giovanissimi e ancora condizionati dal rapporto affettivo con la madre, sono assai timidi di fronte a certi atteggiamenti femminili, ma poi si scaltriscono alla scuola dei sempre più diffusi e spinti insegnamenti proposti dal mondo degli spettacoli.

[7] In realtà, le donne dispongono di ben altri mezzi di seduzione, che la provvida Natura umana offre loro: l’espressione del volto, lo sguardo, il tono della voce, il portamento, e mille altri particolari che costituiscono l’essenza del fascino femminile e che fanno di ciascuna donna una persona unica e, a modo suo, attraente non per tutti i maschi ma solo per quello giusto.

[8]A mio avviso, il fatto di ambire a quella benedizione significa essere già sulla via verso la felicità vera.

[9]Dunque nessuna concessione alla curiosità morbosa.

SCIENZIATI O… STUDIOSI?

È una storia risaputa quella che si riferisce agli attacchi spesso feroci sferrati da certi Scienziati contro i Liberi Pensatori che dissentono dalle loro teorie.
Quando un Personaggio affermato vede le proprie teorie minacciate dalle nuove idee di qualcun altro, accade spesso che, giustificate o no che siano le obiezioni del Dissidente, il Grand’uomo voglia stroncarle perché dalla sopravvivenza delle proprie teorie dipende la salvaguardia di una montagna di interessi: la fama, la carriera, i titoli che ne derivano, il prestigio degli Istituti coinvolti e, non ultimo, il fatto che, se quelle teorie vengono superate, va in fumo la preparazione di generazioni di Studenti che su quelle stanno costruendo o, peggio, hanno già costruito la loro formazione… Generazioni che, non riconoscendo poi la dura realtà, continuano ad operare come se le teorie su cui si sono formate conservassero intatta la loro validità, con quali vantaggi per il progresso della Scienza è facile immaginarlo.
E talvolta è così che avviene anche in pubblicazioni recentissime, quando vi si trovano tracce di quelle teorie obsolete, le quali in tal modo condizionano negativamente gli studi delle nuove generazioni (1).
Ma perché tutto questo?
A mio avviso, la risposta risiede nei reali significati di due diverse parole riferite agli Uomini di Scienza, le quali però, nel linguaggio corrente vengono confuse ed usate indifferentemente: Scienziato e Studioso.
Scienziato è una parola grossa, che sembra accrescere l’importanza di colui che la associa alla sua condizione di persona erudita…   Essa, infatti, sembra derivare dal verbo latino scire(2) (=sapere) il cui participio passato, tuttavia, non è scientiatum ma scitum, cioè saputo, parola coperta da un velo di negatività solo attenuato dal suo diminutivo saputello.
Il termine Scienziato dunque, non ha un ascendente verbale da cui esso possa derivare, tanto che il suo corrispondente latino è invece “doctus” (dotto, esperto); inoltre, esso presenta la desinenza in “ato” che è tipica del participio passato dei verbi della prima declinazione (come mandato da mandare), participio che indica dunque un evento che affonda le sue radici nel passato e il cui significato esprime sovente un’idea di passività, come in fortunato (favorito dalla fortuna), informato (che ha ricevuto informazioni), sfamato (che è stato nutrito), aiutato (che ha ricevuto aiuto) e così via, tutte parole che si riferiscono a individui che sono stati oggetto di qualche azione, cioè che hanno ricevuto qualcosa da altri, qualcosa che nel caso del nostro Grand’uomo sarebbe la Scienza.
Dunque, lo Scienziato è un Individuo Passivo istruito da altri, pertanto, egli può essere paragonato agli individui passivi riportati negli esempi descritti, poiché l’istruzione scientifica di cui si dice portatore gli viene da altri, istruzione che egli è (forse) in grado di elargire a sua volta, ma alla quale non aggiunge nulla di suo, proprio come avveniva da parte di due miei Insegnanti delle superiori(3), dai quali hanno poi imparato alcuni miei Compagni di scuola secchioni, che conoscevano tutto a memoria ma poi, al lato pratico, nella professione non sapevano usare le nozioni apprese.
Assai diverso è invece il caso del termine Studioso, il quale esprime l’attualità degli Studi in cui si impegna la Persona a cui si riferisce: lo Studioso, infatti, non è Uno che si accontenta di ciò che ha imparato a memoria negli anni di scuola, ma continua ad allargare e approfondire la propria Conoscenza oltre i limiti imposti dalla sua preparazione scolastica e dalla buona volontà degli insegnanti(4); limiti che egli ama superare per sentirsi libero di ricercare al fine di comprendere attivamente, mettendo poi a frutto la sua nuova Conoscenza per produrre, se possibile, il vero Progresso della Scienza.
È per questi motivi che talvolta mi viene un po’ da sorridere quando sento di un Tizio che viene presentato come Scienziato… proprio come avvenne tempo fa, quando un Grand’uomo, presentato in una conferenza con tale titolo, pubblicizzava un suo libro su storie di terremoti, di scienziati e di ciarlatani(5) ma poi, sollecitato da domande precise su determinati gravi avvenimenti, dei quali egli era stato protagonista con altri, girava intorno all’argomento con un fiume di parole senza spiegare perché la sentenza che li aveva assolti sia stata “perché i terremoti non si possono prevedere” e non “per non aver commesso il fatto”(6).
Un paio di fatti simili, ma alla rovescia, mi sono capitati anni fa al termine di due mie conferenze: sentendomi dire da qualcuno fra i presenti (che vantava il suo titolo universitario) che lui non era d’accordo per niente con quello che avevo detto, chiedevo incuriosito quali fossero gli argomenti sui quali dissentiva… ebbene, invariabilmente quei Dissenzienti ribadivano il loro rifiuto totale senza però saperlo motivare, e la cosa, che suscitava qualche mormorio di disapprovazione tra i Presenti, mi ricordava divertito i rapporti a volte agitati con i Secchioni ai tempi di scuola.
Con quel tipo di Persone, infatti, non c’è modo di intavolare un confronto concreto ma si rischia solo di avviare una diatriba senza costrutto.
In generale però, la maggior parte dei miei Ascoltatori non pronunciano parola alla fine delle mie conferenze, e questo, immagino, forse per timore di dire cose fuori luogo, e tuttavia c’è sempre qualche Coraggioso che dimostra interesse per la materia con domande bene azzeccate e talvolta con obiezioni motivate, ed allora per me è una grande soddisfazione avviare il dialogo, spece vedendo che poi, spesso vi partecipano anche alcuni di coloro che, timidi, in precedenza avevano taciuto.
Si realizza in tal modo, con soddisfazione di tutti, il programma della mia attività di divulgazione ispirata al motto che costituisce il titolo di questo Sito Internet: “DISCUTIAMO LA SCIENZA”.

GIanni Bassi – 22/07/2017


[1] Anziché presentare quelle idee come realtà assolute, basterebbe presentarle come “ipotesi” che richiedono l’uso del condizionale.

[2] Dal dizionario latino vediamo la declinazione: scio, -is, scivi, scitum, scire = sapere.

[3] Dico “forse” perché non tutti sono all’altezza del meraviglioso compito di istruire. Ricordo infatti i miei Insegnanti di due materie affascinanti, la Chimica e la Mineralogia: il primo non ha mai condotto noi Alunni nel favoloso laboratorio di chimica, mentre la seconda non ci ha mai mostrato nemmeno un campione di minerale, ma entrambi si limitavano a dire: “studiate dalla tal pagina all’altra”.

[4] Talvolta (è successo anche a me) taluni Insegnanti si irritano per l’insaziabile curiosità di qualche Allievo e tendono a scoraggiarlo. A proposito di quei limiti, poi, è interessante ciò che scriveva, negli anni settanta, Graziano Cavallini nel suo celebre trattato dall’eloquente titolo “LA FABBRICA DEL DEFICENTE”, nella serie Scienze dell’educazione della Emme Edizioni.

[5]Termine quest’ultimo vigliaccamente offensivo, col quale il Relatore dipingeva i non Addetti ai lavori che osano intromettersi in campi che non sono di loro competenza.

[6] È assai probabile che se lui ed i suoi Soci non avessero fatto zittire  il Tecnico che, secondo loro seminava il panico asserendo di essere in grado di prevedere le scosse più pericolose grazie alle attrezzature dei laboratori del Gran Sasso, forse le decine di persone morte confidando nelle loro tranquillizzanti asserzioni sarebbero ancora vive.

MONDI DI FUOCO

Ipotesi sull’origine della energia endogena dei corpi celesti.

Secondo la Scienza ufficiale, il calore interno dei corpi celesti sarebbe generato inizialmente dalla compressione dei materiali componenti i corpi stessi, ma sarà vero?

In realtà, tutti i corpi celesti animati da una più o meno intensa energia endogena ruotano attorno ad un potente centro di attrazione di cui sono prigionieri, situazione questa che li espone alle stimolazioni esterne che li fanno ruotare su sè stessi.

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STELLE E BUCHI NERI

Ipotesi sulla origine delle Stelle e sulla consistenza dei Buchi Neri  (2002)

Come abbiamo visto nell’opuscolo “I mondi di fuoco”,  il fatto che un Corpo Celeste giri freneticamente su sè stesso, produce un effetto in apparenza trascurabile nella sua normalità, il quale tuttavia, una volta che detto Corpo abbia aumentato a sufficenza il proprio volume grazie al materiale che lo bombarda senza tregua, costituisce la base di partenza della sua accensione spontanea.

Quando queste condizioni non si verificano, detto corpo rimane “spento”, divenendo quello che viene qui definito “Corpo Oscuro”, cioè un Buco Nero.

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LA CROCETTA LONGOBARDA DI DUEVILLE

Mirabile gioiello di oreficeria longobarda rinvenuto a Dueville (VI), ignorato dagli studiosi per decine di anni, e finalmente riscoperto con gravi fraintendimenti negli anni ’50, la “crocetta di Dueville” ha suscitato il mio interesse inducendomi ad accostarmi alla storia dei Longobardi e, di conseguenza, ad individuare l’interpretazione più verosimile del reperto, interpretazioni che ha raccolto, non solo il consenso, ma anche il plauso di valenti studiosi della materia.
Dallo studio emerge la vera identità dei personaggi sbalzati sui bracci e, soprattutto, sul medaglione centrale della crocetta, malauguratamente travisata dalla didascalia tuttora presente nel museo civico di Vicenza.

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LA TERRA E I SUOI FRATELLI

Ipotesi sulle tempestose vicende che hanno segnato l’esistenza dei Pianeti interni del Sistema Solare

Sulla base di quanto esposto nell’opuscolo “I Mondi di Fuoco” vediamo ora come si è sviluppata la parte interna del sistema solare, quella occupata dai cosiddetti “pianeti rocciosi”, la cui origine non ha nulla a che vedere con le “fantasie” pubblicate nel mondo scientifico anche in tempi recentissimi.
In particolare, sulla base della “Legge di Bode”, espongo la mia teoria, fondata su dati oggettivi, riguardo all’origine della fascia degli asteroidi e sulle eclatanti anomalie riguardanti la massa dei pianeti Venere e Marte nonché l’anomala orbita di quest’ultimo.

[Scarica l’opuscolo “La terra e i suoi fratelli“]  (PDF 1,7 MByte)